My writings

Una selezione dei miei racconti e storie del blog
A selection of my tales and blog stories

Meravigliati / Wonder yourself

Ci sono giornate che iniziano con un umore particolare. Ne senti il gusto nel palato appena ti svegli. Sono quelle che io chiamo “i giorni che vale la pena”. I giorni in cui tutto prende un senso, persino il pallido riflesso di te stesso che ripete quotidianamente i medesimi gesti. I giorni “fuori”. Fuori te, fuori gli schemi, fuori le consuetudini, fuori tutto quello che gli altri vogliono, si aspettano, suppongono, temono, credono tu possa dare. I giorni senza definizione, né contorni, né se, né ma, né perché, né si deve. I giorni in cui il cervello si riposa nella pacata sensatezza del silenzio, nell’assenza di pensiero e nella presenza assordante del solo sapore di … di…

Le ali di Joni

A volte il destino può giocarti strani scherzi e la realtà sfuggirti di mano; prendere una direzione tutta sua e trasportarti verso sentieri nuovi e sconosciuti che fino a poco tempo prima credevi fossero inesistenti.
Joni entrò nella mia vita fatalmente; la sua strada si incrociò con la mia in modo improvviso ed insolito, come se lei fosse piombata di colpo dal cielo, ma già sapesse dove dirigersi e dove approdare.

Endgame​

Mangio una mandorla e ci penso. Ultimamente mangio parecchie mandorle e penso altrettanto spesso. C’è qualcosa di laconico nel suono almond. Ci gioco su, chiedendomi dove il ripeterlo potrà condurmi. Il pensiero segue sempre percorsi logici ma io cerco la non – logica, il preverbale, l’attimo prima che il senso arrivi al cervello e acquisti significato. Al Mond. Sembrerebbe il nome e il cognome di qualcuno. Al secolo Mond. Ci aggiungo una “o” = Mondo.

Il corpo violato

l punto non è questo. Non è quello che vedo, che percepisce il mio cuore, ma piuttosto quello che avverte il mio corpo.
Violato. Si sente violato. Sono stesa sul letto e la tua gamba è intrecciata alla mia. Il tuo respiro affannoso mi echeggia ancora addosso. Lo ascolto in sordina nel ricordo dei miei timpani.
Il tuo sedere è accanto  al mio ma il tuo culo è ben piazzato tra le lenzuola; il mio è sospeso invece sulla ancora vaga superficie del letto. Dove finisce il letto? Dove comincia il cuore? Dove termina il mio corpo?

Piccoli uomini. Monologo in DO maggiore

DO RE MI FA SOL LA SI DO, DO RE MI FA SOL LA SI DO, DO RE MI FA SOL LA SI DO. Nessun diesis, nessun bemolle. Sgranchisco le dita dopo qualche mese di inattività. DO RE MI FA SOL LA SI DO, DO RE MI FA SOL LA SI DO.  Ripeto la scala partendo dalla stessa nota, a fluire verso la sinistra e la destra della tastiera. Le dita si muovono con più agilità. Sento chiare le vibrazioni dai martelletti verso le orecchie. DO RE MI FA SOL LA SI DO. Dovrei stancarmi di questa ripetizione, ma in fondo mi fa piacere la sua semplicità. Tasti bianchi, battuti con indolente forza e le dita che scivolano così flessuosamente ora da confondersi con l’avorio. Lo smalto delle unghie, una tonalità sopra il colore che calpestano.

Il salto

Non ero nuovo ad argomenti di quel genere, prima che mi capitasse questa singolare avventura: voglio dire storie strane, oscure, segrete, misteriose, del tipo che oggi va di gran moda per intenderci, e che quasi ogni settimana escono in  bella mostra ed a tutta voce, su riviste o fascicoli enciclopedici di dubbio valore; ma li avevo sempre accolti con quell’aria di malcelata incredulità che accompagna il mio viso in ogni discussione su quest’ ambito. Forse a causa della  mia educazione positivista, o del mio lavoro di cronista abituato a confrontarsi con realtà fatte per lo più di sangue e materia.

La mela d'oro

“Ti darò in sposa la donna più bella”.
E Paride scelse Venere. Scelse Venere come donna a cui donare la mela d’oro della discordia. Scelse Venere e si innamorò di Elena, meravigliosa creatura, non sua.

La parola che ritorna

Sembrerà strano; dopo tanti mesi… avevo deciso di finirla, sì, di stoppare l’indigesto scorrere dei miei pensieri in qualche modo, per un po’ di tempo, affogata nella noia quotidiana di un assordante balbettio di inutilità. Soggiogata per troppo dal fardello ingombrante dell’ immagine, avevo richiuso giocoforza e giubilante invero, la finestra delle apparenze; seppellito il verbo improvviso, fulmineo, involontario, la parola, l’espressione estemporanea, il tintinnare delle sensazioni manifeste senza regola, disciplina, piano, struttura.

Inferno

Ho gli occhi ancora intorpiditi dal sonno. Li stropiccio e piego la bocca in un piccolo sbadiglio. Con la mano destra sfioro leggermente la gamba. Sono desta? Sono desta, sono desta ma non vorrei destarmi. Sento un vago tanfo di zolfo. Sì, non vorrei destarmi.

Mia nonna diceva

Ricordo le tue mani. D’improvviso mi vengono in mente come in una vecchia foto in bianco e nero, sciupata, ingiallita, ruvidamente vecchia, mentre tagliuzzano finemente qualcosa e ondeggiano davanti ai miei occhi ammirati di bimba e poi di ragazza.
Ricordo il profumo di quelle domeniche trascorse con te: panni umidi di sapone di marsiglia, peperoni verdi fritti, qualche boccata di fumo, le risate, i tuoi occhi vividi e intelligenti, il tuo cuore rattrappito dai dolori e la foga di superare la tristezza nel futuro del tuo sangue.
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